“Grillo. Replica choc al Tg2: se sparassero al direttore?". Venerdì 21 settembre, mattina: questo è il terzo titolo lanciato sul sito del Corriere. La sera prima Grillo era a Codroipo (Udine) per un suo spettacolo. Dopo aver lasciato le telecamere Rai fuori, ma consapevole della probabilità che qualche giornalista potesse essere in sala, il comico lascia partire il filmato dell’editoriale in cui Mazza agita il pericolo-Grillo: “Cosa accadrebbe se un mattino qualcuno, ascoltati quegli insulti, premesse all'improvviso il grilletto?”, “…e ti sparasse nel culo?” completa Grillo.
Una boutade liberatoria per il comico che aveva evitato di replicare a Mazza, una battuta discutibile ma del tutto innocua, se contestualizzata, che si è prestata perfettamente a un’apertura col botto sul Corriere. Questo gioco va avanti da tredici giorni, dal V-Day, dalle distinzioni sul vaffanculo buono e quello cattivo. Gli epiteti più benevolenti dedicati a Grillo sono stati qualunquista, demagogo e populista, poi, a briglia sciolta, fascista, eversore e “apprendista stregone, ispiratore di attentati”. Molti giornalisti più o meno di sinistra e più o meno alternativi –da Severgnini a Scalfari, da Zucconi a Serra– hanno fatto spallucce, o stigmatizzato le apparenze di ignoranza o violenza di Grillo e “grillini” tutti.
I telegiornali hanno ispessito il loro “panino” politico con un paio di acri fettine di grillo-pensiero e sono passati a più serie questioni (tipo il matrimonio di Baldini, l’amico di Fiorello, nel giorno in cui oltre 300.000 persone firmavano per una legge d’iniziativa popolare). Lo si attacca inventando, travisando, ignorando, o pubblicando esclusivamente foto in cui Grillo sembra un iconoclasta idrofobo. E’ un fuoco di sbarramento mediatico con cui la “casta” allargata, o “sistema”, ha scelto di dedicarsi alla forma verbale del comico, anziché alle battaglie di sostanza che conduce da anni, o alle centinaia di migliaia di cittadini, eterogenei fra loro, che hanno trovato del valore nei suoi messaggi.
Ecco: la società civile, forse e finalmente. Quella stessa che, se compra 1 milione di copie de “La Casta” di Stella e Rizzo, diventa fenomeno, ma non importa, perché non si coagula e non agisce (la stessa cosa per le 800.000 copie di “Gomorra” di Saviano). E che se legge che, nonostante “La Casta”, le spese della Camera sono aumentate anche nel 2007 (notizia di ieri); o che l’ex Ministro dei Trasporti (!) Burlando ha guidato per oltre 1 chilometro contromano sulla A10, ma, fermato dalla polizia, non è stato nemmeno multato perché ha mostrato il tesserino da (ex) parlamentare (notizia di oggi); questa società civile si indigna, ma non può (non sa come) ribellarsi.
Invece Grillo e Internet hanno saputo metterla assieme, fornirle una struttura dove dialogare e organizzarsi intorno a valori comuni. Questo è il cerchio che il comico è riuscito a far quadrare. Ed è questo che mette ansia al sistema. E allo stesso tempo, che Grillo e le persone che parlano con lui e attraverso lui, si confrontino da tempo su ambiente, salute, tecnologie, legalità, lavoro, pezzi di vita vera. Questo è il miglior Grillo, che capisce come gira il mondo, sa come organizzarsi e, lungi dal gettarsi in una campagna solitaria e facilona, ha ottenuto appoggi e consulenze da giornalisti (Travaglio, Gabanelli, ma anche Iacona, Spinelli e Sartori se ne sono occupati con interesse), scienziati, economisti, organizzazioni.
Attenzione, Grillo non è un messia, non ha sempre ragione, non sceglie sempre i toni giusti, e forse gode persino del successo che sta avendo. E su questi aspetti è facile la critica. Pensino, i critici di Grillo e del grillismo, che persino fra chi lo ascolta c’è chi pensa, e non condivide sempre e comunque ciò che il comico propone, per forma e contenuti. La battuta di ieri a Codroipo, o il Prodi-Alzheimer, per esempio, sono probabilmente eccessivi. E non tanto per la loro pericolosità, o per la qualità delle battute, in questi casi non raffinatissime. E’ però una questione di opportunità.
Prima dell’otto settembre Grillo non esisteva perché in tv e sui giornali non si vedeva. Ora, invece, ogni volta che il comico scivola su qualcosa, anche di non serio, finisce in prima pagina, con determinati titoli e fotografie. Dopo il V-Day Grillo ha una nuova responsabilità. Certo, chi lo chiama a forza in politica sbaglia: Grillo non diventerà un politico, si trova molto meglio come comico della resistenza, come osservatore esterno critico e arrabbiato. Ed è proprio per questo che i politici lo “invocano” nella loro arena: per normalizzarlo, per comprenderlo e combatterlo meglio, per riassorbire una scheggia che dall’esterno sa come incidere il sistema.
Allora continui a fare il comico, a urlare e sfottere, ma con la consapevolezza della nuova e vischiosa visibilità che ha acquisito. Il Rambo dell’invettiva provi a usare di più il fioretto e meno le granate per combattere le sue battaglie, spesso sacrosante. Sarà più facile, così, che arrivi davvero quella ventata che ripulirà un po’ la palude della casta. E sarà più complicato schivare i contenuti forti di Grillo e di tanti cittadini, a partire dalla legge d’iniziativa popolare, ineccepibile nell’ispirazione, discutibile nei singoli punti, e che ora, infatti, dovrà essere discussa in parlamento. Tra l’anima del fustigatore iracondo, strumentalizzata dai media e dai politici, e quella del sagace mobilitatore, i cui argomenti hanno un peso specifico inequivocabile, cerchi un equilibrio. Che continui a dare risonanza alla voce di cittadini stanchi da decenni.
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