Si riporta di seguito un articolo pubblicato oggi dal sito http://www.corriere.it/
«Il martirio è quello che noi desideriamo»
Propaganda in stile cartoon in un programma tv per ragazzi palestinesi. «Uccidiamo chi ha offeso il profeta»
WASHINGTON (Stati Uniti) – Il movimento palestinese Hamas continua ad usare personaggi dei cartoni animati per indottrinare i minori e allevarli alla cultura del martirio. Il 22 febbraio nella nuova puntata dello show tv «I pionieri del domani», condotto da una bambina, Saraas, e da un attore travestito da coniglio, gli integralisti minacciano di morte il vignettista danese che ha offeso il Profeta con i disegni satirici. Inoltre gli spettatori sono invitati a boicottare i prodotti danesi e israeliani.
«LI UCCIDEREMO» - Il pupazzo di nome Assud, riferendosi ai disegni, dice alla bimba: «Se lo faranno di nuovo noi li uccideremo. Li morderò e li mangerò». Il «coniglio» e la piccola presentatrice discutono poi di come liberare i territori palestinesi occupati dagli israeliani ma anche città come Jaffa e Haifa che oggi sono parte di Israele. Questo perché Hamas non riconosce il diritto all’esistenza dello stato ebraico.
IL MARTIRE E LA TIGRE - «Se io sarò martire – aggiunge il pupazzo – sarà una tigre a prendere il mio posto». Una battuta seguita dal seguente dialogo sotto l’occhio delle telecamere e tradotto dall’istituto Memri, che segue da tempo i mass media dei paesi arabi.
Coniglio: «Se diventerai martire chi guiderà questo show in tv? Ci saranno centomila Saraas che prenderanno il tuo posto?».
Saraas: «Con la volontà di Dio».
Coniglio: «Le prenderemo dai “Pionieri del domani”».
Saraas: «Ci sono migliaia di soldati dei “Pionieri del domani”».
Coniglio: «Il martirio è quello che noi desideriamo, giusto?»
Saraas: «Esatto».
E' una notizia sicuramente di forte impatto emotivo, i bambini palestinesi indottrinati da Hamas al martirio. Con l'aggravante che non è la prima volta che i leader estremisti musulmani al potere a Gaza e in Cisgiordania utilizzano i media per plasmare le giovani menti alla loro causa. E' una cosa sicuramente terribile e da condannare senza riserve. Ci mancherebbe.
Ma facciamo un piccolo esercizio. Pensiamo a due bambini dei nostri, due bimbi italiani.
Uno lo lasciamo davanti alla Tv a seguire le avventure di un manipolo di pokemon anti-sionisti. Pikachu abbatte il suo fulmine sui rabbini e tutti i suoi amici mostricciattoli imbrattano di svastiche la città mentre incitano i piccoli telespettatori a immolarsi in nome di dio per seminare il terrore nello stato ebraico.
Uno lo lasciamo senza corrente, senza acqua, senza medicine, senza beni di prima necessità. Di tanto in tanto bombardiamo il suo paese, la sua scuola, uccidiamo qualche suo amichetto. E gli impediamo di uscire dal lembo di terra in cui lo abbiamo confinato.
Chi dei due correrà su un autobus israeliano a farsi saltare in aria?
Ma non era mia intenzione divagare... volevo solo spiegare un pochino di chi si parla quando il sito del corriere cita come fonte l'istituto MEMRI che ha gentilmente offerto la traduzione del deprecabile spettacolo offerto dalla TV araba.
MEMRI: The Middle East Media Research Institute.
Fondato nel 1998 con lo scopo ufficiale di "esplorare il Medio Oriente attraverso i media". Si tratta di una organizzazione indipendente senza fini di lucro con sede a Washington DC, filiale a Londra e uffici a Berlino, Tokyo e Gerusalemme (dove si trova il Media Center).
Hanno detto di MEMRI:"...l'eccellente Middle East Media Research Institute"James Woolsey (ex direttore della CIA)
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Memri selettivo
Traduzione a cura di Bruno Stella - lunedì 12 agosto 2002
Brian Whitaker investiga se l’istituto mediatico “indipendente” che traduce le testate giornalistiche arabe è veramente ciò che sembra
E’ da un po’ di tempo che ricevo piccoli regali da un generoso istituto sito negli Stati Uniti. Questi consistono in traduzioni di alta qualità di articoli provenienti da testate arabe che l’istituto mi manda tramite mail ogni 2 o 3 giorni gratuitamente. Queste e-mail vanno anche a politici e studiosi, come a molti altri giornalisti. Solitamente le storie in esse contenuti sono interessanti. Ogni qualvolta io ricevo una mail dall’istituto in questione, diversi miei colleghi del Guardian ne ricevono una uguale e ne inoltrano una copia a me – qualche volta con una nota allegata che mi suggerisce di verificare la storia e scriverci su. Se la nota allegata mi arriva da un collega più anziano, rimango con la sensazione che dovrei veramente scriverci qualcosa a riguardo. Un esempio, la scorsa settimana, furono un paio di paragrafi tradotti dall’istituto, nei quali un ex-medico dell’armata irachena dichiarò che Saddam Hussein aveva personalmente dato ordini di amputare le orecchie ai disertori.
L’organizzazione che produce tali traduzioni e le spedisce è chiamata Istituto di Ricerca Mediatica del Medio Oriente (Memri) con base a Washington ma con uffici di recente apertura a Londra, Berlino e Gerusalemme. I suoi lavori sono sostenuti dai contribuenti americani perchè come organizzazione “indipendente”, non di parte, no-profit”, possiede una posizione fiscalmente defalcabile per le leggi americane. Il fine del Memri, secondo le dichiarazioni del sito internet, è di fare da ponte nel “gap” linguistico tra l’Ovest – dove in pochi parlano l’Arabo – e il Medio Oriente, “fornendo traduzioni tempestive da Arabo, Farsi e Ebreo”.
Nonostante queste affermazioni di alto orientamento, alcune cose mi mettono a disagio quando mi viene chiesto di leggere storie diffuse dal Memri. Prima di tutto si tratta di un’organizzazione piuttosto misteriosa. Il suo sito web non rilascia il nome di nessuno da contattare, neanche l’indirizzo di un ufficio. La ragione di tale segretezza, secondo un ex-dipendente, e che “loro non vogliono ritrovarsi attentatori suicidi passeggiare davanti la loro porta il lunedì mattina” (Washington Times, June 20). Questo mi suona come una precauzione eccessiva per un istituto che vuole semplicemente abbattere le barriere di linguaggio est-ovest.
La seconda cosa che mi mette a disagio è che le storie del Memri selezionate per la traduzione seguono uno schema familiare: o mettono in cattiva luce la natura degli arabi o in qualche modo promuovono l’agenda di Israele. E non sono l’unico a sentirmi a disagio. Ibrahim Hooper, della giunta sulle relazioni Islamico-Americane riferì al Washington Times: “L’intento del Memri è quello di trovare le peggiori citazioni provenienti dal mondo musulmano e diffonderle il più possibile. Il Memri potrebbe, naturalmente, obiettare che cerca solo di incoraggiare la moderazione mettendo in risalto i clamorosi esempi di intolleranza e estremismo. Ma se fosse così, ci si aspetterebbe – essendo non di parte – la pubblicazione di articoli riguardanti anche l’estremismo della fazione ebrea. Benchè il Memri dichiari di fornire traduzioni anche dei media ebraici, non ricordo di averne mai ricevute alcuna. Evidenze dal sito del Memri gettano dubbi sul suo stato non di parte. D’altro canto supportando la democrazia liberale, la società civile e il libero mercato, l’istituto enfatizza anche la continua rilevanza dello Sionismo sullo stato di Israele e sugli ebrei”.
Questo lo ribadiva una volta il suo sito web, ma le parole sullo sionismo adesso sono state cancellate. La pagina originale, comunque, può essere ancora trovata negli archivi internet.
La ragione di quest’aria di segretezza del Memri diventa più chiara quando diamo un’occhiata alle persone che vi stanno dietro. Il co-fondatore e presidente del Memri nonché proprietario registrato del sito web è un israeliano di nome Yigal Carmon. Il Signor – o piuttosto, Colonnello – Carmon trascorse 22 anni nell’intelligence israeliana e più tardi prestò servizio come consulente per l’antiterrorismo a due primi ministri israeliani, Yitzhak Shamir eYitzhak Rabin. Recuperando un’altra delle pagine ora cancellate dall’archivio web del Memri, emerge anche una lista dei suoi dipendenti. Delle sei persone nominate, tre – incluso il Colonnello Carmon – sono risultate aver lavorato per l’intelligence israeliana.
Tra le altre tre, una ha prestato servizio presso i corpi di artiglieria militare del Comando Nord, una ha un trascorso accademico e il terzo è un ex-attore comico. Il co-fondatore del Memri insieme al Colonnello Carmon è Meyrav Wurmser, ossia il direttore del centro per le politiche del Medio Oriente all’istituto Hudson di base a Indianapolis, che si autodefinisce come “La più importante fonte americana per la ricerca applicata sulle minacce politiche a lungo termine”. L’onnipresente Richard Perle, presidente del comitato politico della difesa al Pentagono, di recente si è unito al comitato dei curatori Hudson. La Signora Wurmser è autrice di un lavoro accademico intitolato: “Può Israele sopravvivere al post-sionismo?” nel quale sostiene che gli intellettuali di sinistra israeliti rappresentano “più di una minaccia effimera” verso lo stato di Israele, minandone la sua anima e riducendone la volontà di autodifesa.
In aggiunta, Mrs Wurmser è una speaker ben informata, riconosciuta a livello internazionale sul Medio Oriente, la quale presenza farebbe di ogni “evento radio o show televisivo un evento unico” – secondo la Benador Associates, una compagnia di pubbliche relazioni che propaganda i suoi servizi. Nessuno, che io sappia, contesta la generale accuratezza delle traduzioni del Memri, ma vi sono altre ragioni per essere preoccupati riguardo ciò che divulga. La mail circolata la settimana scorsa riguardante l’ordine dato da Saddam Hussein di tagliare le orecchie della gente era un estratto di un lungo articolo di un giornale sul panorama arabo, al-Hayat, di Adil Awadh i quali sostenevano di possedere conoscenza stretta dell’accaduto. Era quel tipo storielle riguardanti la brutalità irachena che i giornali ristamperebbero felicemente senza neanche verificarne le fonti, specialmente nell’atmosfera corrente di questa febbre di guerra.
Potrebbe benissimo essere vera, ma la si dovrebbe trattare con un po’ di cautela. Il sig. Awadh non è esattamente una figura indipendente. Egli è, o almeno era, un membro dell’Accordo Nazionale Iracheno, un gruppo d’opposizione iracheno appoggiato dall’America. Nè Hayat nè Memri hanno mai fatto menzione di questo. E ancora, le affermazioni del sig. Awadh vennero alla luce la prima volta quattro anni fa, quando aveva delle forti ragioni personali per farle. Secondo un comunicato del Washington Post del 1998, l’affermazione sulle amputazioni l’aveva anche inclusa in una sua domanda di asilo politico negli Stati Uniti. Al tempo egli era uno dei sei iracheni in stato d’arresto negli USA come sospetto terrorista o agente segreto iracheno, e stava tentando di dimostrare che gli americani avevano fatto un errore.
Ancor prima quest’anno, il Memri ottenne due significativi successi di propaganda contro l’Arabia Saudita. Il primo fu la sua traduzione di un articolo dal quotidiano al-Riyadh nel quale un cronista scrisse che gli ebrei usano il sangue di bambini cristiani o musulmani per metterlo nei dolcetti per la festa religiosa Purim. L’articolista in questione, un professore universitario, stava apparentemente facendo riferimento ad un mito antisemitico che si datava al medioevo. Ciò che quest’ultimo dimostrava, più che altro, era l’ignoranza di molti arabi – anche quelli altamente acculturati – riguardo giudaismo e Israele e la loro prontezza a credere a tali storie ridicole. Ma il Memri, sosteneva al-Riyadh, era un “quotidiano governativo” saudita infatti è di proprietà privata, ciò implicando che gli articoli avevano una sorta di approvazione ufficiale.
L’editore di al-Riyadh disse che non aveva visto l’articolo prima della pubblicazione perché era stato all’estero. Si scusò senza esitare e licenziò il cronista, ma ormai il danno era fatto. L’altro successo del Memri arrivo un mese più tardi quando l’ambasciatore dell’Arabia Saudita a Londra scrisse una poesia intitolata “I martiri” – che parlava di una giovane donna-kamikaze – che fu pubblicato sul quotidiano al-Hayat. Il Memri spedì estratti tradotti del poema, il quale descriveva “i lodati kamikaze”. Se quello fosse il vero messaggio della poesia e solo questione di interpretazione. Potrebbe, forse più plausibilmente, essere letto come testo di condanna verso l’inefficacia politica dei leaders arabi ma l’interpretazione del Memri fu riportata, quasi senza batter ciglio, dai media occidentali. Questi incidenti che coinvolgevano l’Arabia Saudita non dovrebbero essere visti isolatamente. Essi sono parte di una costruzione di una causa contro l’impero, come atto di persuasione degli Stati Uniti nel trattarli come nemici piuttosto che come alleati.
E’ una campagna che il governo israeliano e quello neo conservatore americano stanno spingendo dall’inizio di quest’anno – un aspetto del quale fu la bizzarra l’informativa anti-saudita al pentagono, presentata lo scorso mese da Richard Perle. A tutti coloro che leggono quotidiani arabi regolarmente, dovrebbe essere ovvio che i temi evidenziati dal Memri sono gli stessi che confermano i suoi programmi e non sono rappresentativi dei contenuti giornalistici in toto. Il pericolo è che molti dei senatori, dei congressisti e “opinionisti” che non leggono l’arabo ma ricevono le e-mail del Memri, potrebbero farsi l’idea che questi esempi estremi non sono solo veramente rappresentativi ma riflettano anche le politiche dei governi arabi.
Il sig. Carmon del Memri sembra impaziente di incoraggiarli in quella direzione. Lo scorso aprile a Washington, in una dichiarazione della giunta della Casa Bianca sulle relazioni internazionali, egli descrisse i media arabi come parte di un sistema scalare ampio di indottrinamento sponsorizzato dal governo. “I media controllati dai governi arabi esprimono l’avversione dell’occidente e in particolare degli Stati Uniti,” riferisce.” Prima dell’11 settembre, si potevano trovare di frequente articoli che supportavano apertamente, o addirittura richiedevano, attacchi terroristici contro gli Stati Uniti”. “Gli stati Uniti talvolta vengono equiparati alla Germania Nazista, il presidente Bush a Hitler, Guantanamo ad Auschwitz," disse. Nel caso del canale satellitare di al-Jazeera, aggiunse, “la stragrande maggioranza degli ospiti e dei visitatori sono tipicamente anti-americani e anti-semiti”. Sfortunatamente, è sulla base di tali vaste generalizzazioni che molta della politica americana estera viene costruita in questi giorni. Per quanto riguarda le relazioni tra l’occidente e il mondo arabo, il linguaggio è una barriera che perpetua l’ignoranza e che può facilmente incoraggiare equivoci. Tutto ciò che serve è un piccolo ma attivo gruppo di israeliti che sfrutti quella barriera a fini propri e cominci a modificare le percezioni occidentali sugli arabi per il peggio. Non è difficile vedere cosa dovrebbero fare gli arabi per controbattere ciò. Un gruppo di compagnie mediatiche arabe potrebbero unirsi e pubblicare traduzioni di articoli che riflettono più accuratamente il contenuto dei loro giornali. Non sarebbe sicuramente così lontano dei loro intenti. Ma, come al solito, potrebbero preferire adagiarsi e brontolare delle macchinazioni di esperti dell’intelligence israelita.
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