Lo stato ebraico spera in un successo di Hillary Clinton
Israele ha paura di una vittoria di Obama
Gerusalemme teme che il senatore democratico, nero e liberal, si avvicini di più ai palestinesi e agli arabi
GERUSALEMME (ISRAELE) - Il fantasma di Barack Obama perseguita non solo Bill e Hillary Clinton, ma anche George Bush in viaggio in Medio oriente. Al suo arrivo il presidente americano, infatti, troverà Israele preoccupato della meteorica ascesa del senatore nero democratico e la possibilità che vinca le elezioni del prossimo novembre. Lo afferma il quotidiano Ma’ariv, secondo cui «in forma molto privata funzionari israeliani manifestano allarme» alla prospettiva di Obama alla Casa bianca: non lo ritengono amico di Israele, temono che in quanto nero e liberal si avvicini di più ai palestinesi e agli arabi. Vorrebbero, ha aggiunto il giornale che venisse eletta presidente Hillary – cosa da non escludere, peraltro - e non si capacitano della sua caduta: cercheranno perciò di rafforzare i suoi legami con l’America nell'ultimo anno di Bush.
Israele trema all'idea di un possibile insediamento di Obama alla Casa Bianca.
E’ comprensibile. Obama è l'uomo nuovo della politica americana, un uomo venuto dal nulla, che può contare sul sostegno del popolo e su una nonnina in Kenya, Sarah Onyango Obama, che (sempre il Corriere ci informa) prega Allah per lui.
Una troupe della Cnn si è presa la briga di viaggiare fino in Kenya, attraversare sperduti villaggi equatoriali e percorrere chilometri e chilometri di strade sterrate. Ma ne è valsa la pena (o almeno così afferma sempre l'articolista del Corriere). Il lungo viaggio ha prodotto un’intervista da libro cuore a nonna e zio che si sono trovati catapultati dall’Africa nera su uno dei principali network statunitensi. E cosa potevano dire del nipotino aspirante presidente del pianeta se non decantare le capacità di ascolto, gli ottimi voti a scuola e le umili origini? Non c’è che dire, davvero un servizio da Pulitzer!
Ma questo ritratto dipinto con pennellate sapienti dai media (americani e non solo), oltre ad essere assai romanzesco, è anche reale? (ammesso che questa parola voglia ancora dire qualcosa).
«Ho avuto un sostegno più forte nella comunità ebraica che in quella musulmana»: Barak Obama ha ringraziato così, nell'aprile scorso, il National Jewish Democratic Council.
Alla sede dell'AIPAC, American Israel Public Affair Committee, ossia la super-lobby israeliana che - nonostante due suoi dirigenti siano inquisiti per spionaggio contro gli USA e pro Giuda - resta il massimo «sdoganatore» e finanziatore di aspiranti candidati (potendo mobilitare milioni di dollari per quelli filo-giudaici e liquidare quelli che non si profondono in elogi del Quarto Reich), Obama ha detto: «Non dobbiamo escludere qualunque opzione contro l'Iran, compresa quella militare, anche se una diplomazia costantemente aggressiva, unita a durissime sanzioni, dovrebbe essere il nostro mezzo primario per impedire all'Iran di costruirsi armi nucleari». Ed aggiunse: «una presidenza Obama non chiederà mai ad Israele di rischiare in termini di sicurezza. E' interesse di Israele fare la pace in Medio Oriente, ma non al prezzo di compromettere la sicurezza di Israele».
Mesi prima, in una conversazione, Obama s'era lasciato scappare la seguente frase: «Nessuno ha sofferto più dei palestinesi». Ha dovuto spiegarsi e correggersi: «Intendevo dire che nessuno ha sofferto più del popolo palestinese a causa del rifiuto dei loro capi di riconoscere Israele e di impegnarsi seriamente nelle trattative di pace e sicurezza nella regione».
Il consigliere sul Medio Oriente di Obama è l'ebreo Dennis Ross che era consigliere di Clinton per la stessa causa, e che è noto per dichiarare che se Israele assedia, affama ed ammazza a Gaza, è solo colpa dei palestinesi.
Di recente, Obama ha fatto dichiarazioni sul fatto che i palestinesi devono riconoscere Israele come «Stato ebraico», ossia razziale. E rinunciare al «ritorno» dei profughi. Inoltre, s'è rifiutato di dare una data per il ritiro delle truppe dall'Iraq, ha proclamato la sua volontà di intensificare le azioni militari in Afghanistan ed è a favore di incursioni in Pakistan alla caccia di Osama bin Laden.
(fonte: www.effedieffe.com)
Il modo di fare “informazione” dei media dei nostri giorni mi ricorda tanto un tale. Un tipo creativo che inventò un nuovo modo di fare “informazione”, ancor oggi largamente utilizzato, basato sulla continua ripetizione di notizie parziali o palesemente false rigidamente controllate dal vertice; la prospettiva di un futuro «radioso», il pericolo delle «orde nemiche» che non conoscono la pietà, la crudeltà dei nemici che non accettano null’altro che una «resa incondizionata» come soluzione finale, le «armi miracolose» e «intelligenti» sono solo alcuni dei temi a lui cari.
Scommetto che questo tizio tornerebbe ancora assai utile ai media odierni.
Peccato sia morto oltre sessanta anni fa.
La nostra società ha ancora bisogno di te, caro Joseph Paul Goebbels.
Israele tremi, arriva Obama.
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