nel lontano 22 settembre il corriere scriveva:
"missione compiuta": l’Italia lascia l’Iraq.
nei 3 anni di permanenza sul suolo iracheno abbiamo perso 32 militari in combattimenti, attentati o incidenti, 2 civili, Nicola Calipari -ucciso a Baghdad dal fuoco americano nel marzo 2005-, Fabrizio Quattrocchi ed Enzo Baldoni.
venerdì scorso, 1 dicembre, su repubblica:
"Nassiriya, ammainato il tricolore": finita la missione italiana in Iraq.
dopo tre anni e mezzo e 39 morti chiude i battenti Camp Mittica, il quartier generale italiano. rientrano in Italia gli ultimi 44 militari.
Parisi (ministro della difesa) chiosa:
"della presenza dei militari italiani in questi luoghi, una cosa vorremmo che fosse ricordata, pur in un contesto profondamente segnato dalla guerra, il loro passo e la loro azione furono sempre guidati da sentimenti di pace. in nome di questi sentimenti, si sono spesi da italiani e da soldati perché la sicurezza, la stabilità e l'ordine tornassero pienamente nelle mani del popolo iracheno".
già, la situazione che lasciamo oggi in Iraq è proprio questa.
la conferma arriva diretta dal segretario dell’Onu, Kofi Annan: "ora è peggio di una guerra civile. (...) se fossi nei panni di un iracheno 'medio' penserei che prima c'era un dittatore brutale, ma almeno si poteva uscire in strada. i bambini potevano andare a scuola e tornare a casa senza che i genitori si preoccupassero se sarebbero mai tornati".
complimenti alla missione italiana in Iraq, soprattutto per il tempismo con cui siamo arrivati e con cui ce ne andiamo.
"senza sicurezza –sottolinea Annan- non si può fare molto, nè ripresa, nè ricostruzione".
non era giusto andarci ma sarebbe stato giusto rimanerci, anche per non vanificare il sacrificio delle anime che in Iraq han trovato l’eterno riposo.
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