alla ricerca della verità

mercoledì 27 dicembre 2006

reversal lunch

Ironia della sorte la rubrica 3milano parte con una recensione decisamente fuori porta. l'Oasi Zegna non si può certo annoverare tra i posti più facili da raggiungere per un milanese e pure noi dobbiamo ammettere che, una volta usciti a Carisio sulla Milano-Torino, ci siamo affidati all'autoctono Mr. Borrone per giungere "sound & safe" a destinazione.
il ristorante si presenta come la più classica delle baite montane: semplice, essenziale, tutta in legno. dopo aver percorso le scale rigorosamente al contrario (attenzione se lo fate con ghiaccio o neve) all'ingresso si viene accolti dall'oste, cortese ma di poche parole, che non mancherà di servirvi (appena vi avrà riconosciuti come "quelli del pranzo al contrario") una grappa artigianale ai mirtilli come buon digestivo seguita da un caffè espresso. tra 2 chiacchere da fine pasto e un bombardino addizionale, per i più audaci, ci si può intrattenere giochicchiando a dama su di un tavolo predisposto all'uopo tra le proteste degli altri affamati commensali che forse non prenderanno troppo bene il vostro spirito da fine pranzo! ci si sposta quindi nella saletta a fianco per apprezzare un dolce assai semplice, al limite del cioccolato e vaniglia confezionato industriale, servito appena prima (e questo è di gran lunga il passaggio più difficile del pasto) di verdure cotte, patate fritte e brasato... impegnativa, come potrete ben immaginare, è anche la polenta concia che segue a ruota, quale simpatico intermezzo in attesa dei pizzoccheri. si arriva davvero stremati all'antipasto di salumi misti affettati (pollice su per il lardo, pollice giù per la lingua) che inevitabilmente rimangono in gran parte sulla tavola... abbiamo scelto di accompagnare l'abbuffata con il vino rosso della casa (e comunque non credo la cantina offrisse alternative) concedendoci verso la fine del pranzo l'immancabile rito dell'amicizia che in questa occasione ha trovato la sua epifania nella "brocca dell'amicizia", sorta di sacro graal rappresentato dalla brocca del vino da cui ogni commensale non ha potuto fare a meno di bere direttamente ed avidamente.

al termine dell'avventura anche per i puristi più estremi del pranzo al contrario è molto difficile non cedere alla tentazione di un sorso di grappa aromatizzata per favorire la digestione. il pagamento del conto (30€ forfait) resta classicamente alla fine e riporta i convenuti al naturale scorrere del tempo in avanti. offerta la tiepida, se non proprio fredda, cronaca il mio giudizio personale sull'esperienza (più che sul pranzo in sè) è positiva. la cucina non offre nè piatti particolari nè di particolare livello gustativo piazzandosi appena sotto il livello "mamma abile tra i fornelli" ma l'idea è senza dubbio originale e non nego che anche il viaggetto (circa 2 ore da milano) per recarsi in loco contribuisce a creare l'atmosfera giusta per approcciarsi all'evento. consigliato, una volta l'anno, magari quando si avvicina il Natale ma consigliato. (lonza)

Così colto alla sprovvista, come da malore susseguente “il mestolo dell’amicizia”, altro non posso far che giudicar eretico siffatto luogo santo. tutto nasce tra le impervie vette biellesi, dopo un mare di tornanti, in una baita posta all’estremità di una -ahimè senza neve- pista di fondo. è gioviale quanto infantile salire a ritroso la scalinata che conduce alla porta dell’Oasi Zegna. oasi solo di nome. il burbero proprietario, infatti, inquadrati i “ilasnemmoc” (commensali al contrario), prepara le tazzine ed accende la macchinetta del caffè. passino il bombardino, che infatti è fuori-lista, ed il caffè, meglio doppio, al bancone. la grappa d’accompagnamento invece non fa rilievo al palloncino della stradale per quanto è bassa in gradazione alcolica ed eccessiva in zucchero. la dama, così come la tv appollaiata sopra di essa, altro non è che un fastidioso perditempo per chi è ivi giunto con l’idea di un lauto pasto.
accomodati nella modesta sala in legno, il pasto vero e proprio si viene ad incominciare ed il dolce, che è un po’ lo specchio dell’intero pranzo, arriva in tavola. 2 tipi di creme sode, una panna cotta ed un budino, che paion fatte con polverine, latte ed addensante. presentazione molto rustica (e questo sarebbe il meno) se non ci perdesse anche il sapore, che lascia imbastarditi i fin palati, sovente abituati alle punte culinarie dei 3 stelle michelin.
le verdure cotte e le patate al forno sono forse il piatto forte del banchetto, l’arrosto è insipido e la salsiccia salata. la polenta concia vien buona solo per quei triviali rituali che si è soliti fare quando il vino ha preso il posto al sangue nelle vene. il mestolo dell’amicizia è un chiaro sintomo di ubriachezza latente o di intossicazione alimentare.
il vino è un caso a parte. ovviamente non c’è lista e neppure scelta: solo quello della casa. ignota provenienza, uvaggio, annata e gradazione (comunque sempre nel rispetto della stradale: troppo bassa). per ubriacarsi ci vorrebbe una damigiana a testa o meglio un altro vino. tuttavia il vino offerto ha il merito di non coprire il gusto dei piatti che vengono proposti. ci vorrebbero delle tagliatelle al sugo di cinghiale per spaccare la mononia in cui è finito il sapore del convivio, invece arrivano dei pizzocheri malfatti che non fanno che aumentare la mediocrità che alla bocca è sempre più pressante. a completare il viaggio a ritroso nell’abitudine alimentare consolidata non riman che l’antipasto. un classico: salumi misti, rovinati (e ti pareva) da una lingua marinata in un’improponibile salsa che vorrebbe esser verde ma di questa non le resta che il pallido colore. il tris di grappe offerto come digestivo non fa che peggiorare il disturbo papillo-gustativo. il conto rallegra il portafoglio ma il fegato è in protesta. nella testa c’è l’idea, soprattutto in compagnia, ma il menù è da reinventare. bocciate a pieni voti la cucina e la cantina. (leone)


Già fervido sostenitore di iniziative quali “la camminata al contrario su per la scalinata che conduce alla baita” – antico rituale di presunta derivazione maya – e il gioco delle tre palle eseguito con mandaranci sgonfi, ho trovato invero amabile il partitozzo a dama che ha preceduto (o seguito? Tutto si fa indecifrabile in questo testacoda temporale) il pasto all’incontrario (antica usanza romana, in cui i ricconi spilorci sdraiati sul triclinio, cominciavano il pranzo dagli avanzi per non lasciare niente alla plebe). Le pedine della dama, grosse come degli hamburger, sono probabilmente molto più digeribili del seguente pranzo. Averlo saputo ne avremmo ingoiate un paio in sostituzione dei pizzoccheri o delle verdure cotte che abbiamo ingerito per rispetto filologico dell’evento. Ma lo stomaco nei due giorni seguenti cercherà di prendervi a cazzotti. Al giocoso trauma della risalita delle pietanze e dei passaggi più duri (l’asse panna cotta – verdure grigliate tramortirebbe anche prodi boy…), si aggiunge la beffa di piatti non proprio di prim’ordine. Le probabili sostanze dopanti contenute nei cibi rendono comunque il tutto un’esperienza psichedelica, combinata con la simpatia dei commensali, che si dilettano in giochi quali: la rincorsa degli anacoluti, lo sdoppiamento dei cognomi, le fotografie improbabili e, soprattutto, la brocca dell’amicizia: una sorta di alcolica roulette russa nella quale però si sparano tutti. Anche la versione nostrana del piccolo biscazziere ha intrattenuto i commensali stremati dalle pietanze e ha reintrodotto il gioco d’azzardo nei confini nazionali (ah, c’è già? Ma guarda un po’!).
Quindi, gente, andate pure ai pranzi all’incontrario, ma ricordatevi di essere tanti e più o meno sbronzi, solo così potrete anestetizzare i vostri organi e remixare nella vostra mente i sapori corretti delle pietanze. Perché laddove la salsiccia sa di manzo affumicato, i pizzoccheri di panna cotta e la panna cotta di paraffina, davvero bisogna essere stomaci forti e fantasiosi. E avere tanti amici presenti, ma non troppi, per quando farete la coda al bagno. (lupa)

1 commento:

Anonimo ha detto...

NN CAPISCO XKè CE L'AVETE TANTO CON LA LINGUA SALMISTRATA....ERA LA COSA + BUONA! (SARà KE NN MI PIACE IL LARDO) ALL'ULTIMO POSTO METTEREI I PIZZOCCHERI, INSIPIDI (NEL SENSO KE NN SAPEVANO D PIZZOCCHERI) CON ABBONDANTE AGGIUNTA D SALE VERSO FINE COTTURA........BRRRR!!!! PENULTIMO POSTO X IL DESSERT, POCO E TRISTE! LA POLENTA NN ERA TANTO MALE, MAGARI UN FILINO MENO DI OLIO... BELLISSIME LE COLLEZIONI DI OGGETTI E ATTREZZI ANTICHI(VECCHI) APPESE ALLE PARETI! L'IDEA D MANGIARE AL CONTRARIO è CARINA MA NN MI GIUNGE NUOVA, FORSE XKè QUAND'ERO PICCOLA MIA NONNA MI FACEVA MANGIARE PRIMA LA BISTECCA E POI LA PASTA..........TROPPO AVANTI MIA NONNA!!! :P

CIAO ANI3!!!!!!!!!!
Yè-Yè